Quanto vale il futuro dei nostri figli? Zero!

Sempre più spesso mi capita di parlare con genitori che mi raccontano la storia dei loro figli, di 19- 20 anni, che si trovano di fronte a una delle scelte più importanti della loro vita: che corso universitario scegliere? Che lavoro? Insomma, si chiedono cosa faranno da grandi.

Per alcuni la risposta è semplice, le idee sono chiare. Il percorso è già tracciato. Per altri…Molti…I più…è una domanda irrisolta, la cui soluzione è spesso inaccessibile.

Per aiutare i giovani a fare una scelta consapevole ho sviluppato un percorso di orientamento che li guida in un percorso introspettivo di conoscenza di Sé, per riuscire poi ad allineare le attitudini al  compito (al fare!) e quindi ad un corso di studio specifico o ad un lavoro definito.

Come tutti i servizi di valore (perché ha un valore con un’ampia ricaduta sul benessere individuale), il percorso ha un costo. Le competenze hanno un costo. La professionalità ha un costo. Eppure, nonostante gli sforzi di individuare un costo equo, pare sia sempre troppo alto! Forse…è così…e allora mi chiedo: Quanto vale il futuro dei nostri figli? Zero! Almeno secondo la mia (seppur piccola!) esperienza. Nel senso che, in linea di massima (ma ci sono ovviamente eccezioni) non siamo disposti a spendere nulla o comunque poco (per capirci meno di una serata in pizzeria con la famiglia) per fare chiarezza ed aiutarli a decidere consapevolmente riguardo il loro futuro.

Eppure assecondiamo le loro richieste sull’ultimo cellulare da 800€ che promette un “iperrealismo magico”, l’orologio super tecnologico a 700€ che si prende cura della salute, la borsetta firmata a 950€ dal nome evocativo, la sigaretta elettronica da 100€ che “innova l’esperienza del tabacco” per gli adulti eppure spopola tra giovani e giovanissimi.

Quindi qualcosa mi sfugge.

Se come genitori siamo disposti a pagare, ed anche a caro prezzo, oggetti che rispondono ad un vezzo, ad una moda, ad un capriccio, al bisogno di essere superficialmente parte di qualcosa e non esclusi da qualcosa, perché siamo disposti a destinare solo piccole somme (ripeto: meno di un’uscita in pizzeria con la famiglia) per farci aiutare ad aiutare i nostri figli a trovare la loro strada?

Una strada che abbia un cuore, perché, come scriveva Carlos Castaneda:

“Ogni strada è soltanto una tra un milione di strade possibili (…)

Tutte le strade sono uguali, non conducono in nessun posto.

Questa strada ha un cuore? E’ l’unico interrogativo che conta.

Se ce l’ha, allora è una buona strada.

Se non ce l’ha, è da scartare.”

Perché spendiamo per regalare un cellulare e non per capire cosa hanno nel cuore e nel cervello il bene più prezioso che abbiamo: i nostri figli?

La riflessione credo abbia radici profonde, nel substrato economico- valoriale- familiare- sociale di ciascun individuo e pertanto rimane aperta.

Resta il mio augurio, la mia missione verso mio figlio e i figli di altre madri:

Va dove ti porta il cuore ma fatti accompagnare dal cervello.

 



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